sabato 11 febbraio 2012

i film 7 - Se Sei Vivo Spara

1967 SE SEI VIVO SPARA
di Giulio Questi, con Tomas Milian, Marilù Tolo, Roberto Camardiel, Ray Lovelock, Piero Lulli, Milo Quesada, Patrizia Valturri


Probabilmente il western più “maledetto” e censurato di tutti i tempi, l’unico che in Italia sia stato fatto oggetto di sequestro da parte della magistratura e indubbiamente lo spaghetti western più sperimentale e visionario mai realizzato. E anche in assoluto uno dei più belli.
Visto con l’occhio di oggi non colpisce tanto per le sequenze di efferata violenza (ché dagli anni sessanta ne è passato di sangue sotto i ponti) – anche se la scena della scotennatura dell’indiano e quella dell’autopsia a mani nude risultano tuttora abbastanza impressionanti – quanto per il sottotesto di ambiguità sessuale che attraversa come un fil rouge l’intera pellicola e per l’esplicito messaggio anticapitalista e antifascista (con la banda di fuorilegge gay in divisa nera come più indovinata delle metafore).


Memorabile fin dall’inizio, con il protagonista che esce dalla tomba come un fantasma e la successione di scene sadiche, anche a danno di bambini, che si para davanti ai banditi capitanati da Piero Lulli al loro arrivo nella città dove saranno scannati e successivamente impiccati dai rispettabili e religiosi cittadini bramosi del loro bottino, il film infrange volontariamente tutti gli stilemi consolidati del genere nell’intento dichiarato di scioccare lo spettatore, pur mantenendosi all’interno di una struttura classica e utilizzando un protagonista – interpretato magnificamente da Tomas Milian – che è una figura di “buono” molto più netta e meno sfumata di quella dei western di Corbucci e Leone.
Se la componente surreale rimanda a Bunuel e Dalì (i cavalli morti) le scene di raccapricciante violenza osservate dai bambini anticipano analoghe soluzioni che si ritroveranno di lì a poco nei western di Sam Peckinpah, a testimonianza di una singolare comunanza di vedute tra i registi che affrontavano il genere di qua e di là dell’oceano.
 
Il montaggio avanguardista e frammentato di Kim Arcalli, nulla a che invidiare con quello del new cinema anni sessanta di Godard e Boorman, la raffinata regia di Questi (autore purtroppo solamente di altri due film), l’innovativo uso della musica di Ivan Vandor rendono ancora adesso il film più moderno di quasi tutto il cinema oggi girato in Italia, risultando tanto più stupefacenti considerato il budget ridicolo messo a disposizione della troupe, trasceso da idee, talento e capacità tecniche. Quando l’immaginazione al potere non era soltanto uno slogan.

Mauro Mihich

2 commenti:

  1. Un film impressionante ancora oggi, figuriamoci cosa doveva essere nel 1967.

    Più che le scene splatter (in fondo solo un paio), colpisce la violenza psicologica e l'aria malatissima che percorrono tutto il film. Il linciaggio dei banditi è un grandissimo pezzo di cinema della crudeltà, come anche la parata grottesca e delirante con cui ci viene descritto il villaggio. Tutte le atmosfere dei vari ambienti trasmettono un'aria davvero malsana e inquietante.

    Nonostante lo stile urlato Questi è bravissimo a non andare mai troppo sopra le righe, a non "uscire" mai troppo dalla storia. Errore che commetterà invece Jodorowsky con il suo "El Topo". Nonostante l'abbondanza di metafore i personaggi non diventano mai dei freddi simboli.
    L'unica scena a mio parere poca riuscita è quella della tortura a Tomas Milian, anche per via dell'evidente mancanza di mezzi.

    Se i prime due terzi di film sono da antologia degli spaghetti western, nella parte finale il film divaga e diventa imprevedibile. Il finale senza catarsi è secondo solo a quello de “Il grande silenzio” in quanto a capacità di lasciare a bocca asciutta le aspettative dello spettatore.

    PS una curiosità... attualmente il canale Class Tv sta trasmettendono in prima serata gli episodi del telefilm "Quando arriva il giudice", breve serie del 1985 ideata e diretta da Questi. Tentativo fallimentare ma curioso di realizzare un telefilm all'americana stile Rockford e Magnum P.I., ambientandolo Roma.

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